Wednesday, December 12, 2007

Repeater




La sala due è aperta alle estremità longitudinali, sorvegliate da altrettante hostess che si lanciano annoiati sguardi di intesa ad ogni segnalazione acustica causata dagli avventori troppo prossimi alle opere esposte. Dopo il controllo all'ingresso, degno del check-in di un volo per Teheran, non saranno certo un paio di tailleur rosso pastello a impensierirmi. Sorrido per compiacenza ad una delle due addette che si liscia la gonna. La gonna non fa una piega.
Lei intanto è nell'angolo opposto, come stabilito.

Scrivi nuovo messaggio.
"Tutto pronto. Avevo detto niente roba vistosa".
Invia messaggio.
...bzz, bzz, bzz.
Nuovo messaggio. Leggi messaggio.
"Vistosa un cavolo. Ho una nuance di castano per cui Rory Gilmore piangerebbe lacrime amare. Aspetto segnale ".

L'aggeggio tecnologico, frutto degli ultimi mesi di lavoro e scampato al metal detector all'ingresso, è un Ripetitore. In breve: capta suoni attraverso un microfono e li trasmette a tutti gli apparecchi nel raggio di dieci metri che siano dotati di un altoparlante. A lei l'incombenza di scegliere la vittima.

Ci sono almeno venti audioguide deambulanti. Inequivocabile la postura: a metà tra la chiamata in assenza di campo e il "Passami una penna che me lo segno... Scusa, puoi ripetere?".

...bzz, bzz, bzz
Nuovo messaggio. Leggi messaggio.
"Trovato. Giacca dell'Adidas su pantalone multitasche. Zona primo Lichtenstein. Gesticola ad una che sta per tentare il suicidio con le scatole di Brillo. Passo".
Rispondi. Nuovo messaggio.
"Individuato. Pare un Simpson. Mi avvicino. Tieniti pronta".

Perché in fondo -ho pensato- in fondo è questo quello che fa la differenza. E' questo che fa la differenza quando chi parla sentenzia come se le poche persone presenti fossero un pubblico e non degli interlocutori. E' questo che fa la differenza tra il delirio egotico e il confronto o la pacata opinione. La differenza -ho pensato- la fa il numero. Bella forza: sai che intuizione. Già. Però -ho pensato- quella cifra di scarto a cui si rivolge vaneggiando il delirante egotico di turno è sempre assente. Cosa accadrebbe se ci fosse improvvisamente davvero un pubblico nutrito? Se quella platea apparisse d'un tratto? Cosa accadrebbe se quelle parole finalmente davvero si confrontassero? Le scaramucce, per piccole che siano, non si possono combattere a distanza di sicurezza.

Lei ha in dotazione un altro congegno che amplificherà il segnale ripetuto. Una specie di ponte-radio. Siamo sincronizzati. Abbiamo ripetuto l'esperimento decine di volte. Entro nel raggio del Simpson blaterante. La sua accompagnatrice è effettivamente a un passo dal suicidio. Le va riconosciuto un autocontrollo mica da ridere.
"Perché poi, vedi, la pooopart è anche taaaaaanta immondiiizia... Vedi (vede) per esempio questo...questo Lichtenstein...vedi.. (vede)"
E' il momento. La cerco con lo sguardo. Non c'è che dire: è una nuance impeccabile quella che oscilla annuendo.
Contatto.
"Vedi (vede)- per eseeempio questo Lichtenstein non è un lavoooro... non è un'operad'aaaarte... questo Lichtenstein è uno stuuudio! Solo un banale stuuudio!"
Il vaneggiamento viene sparato alla giusta dose di decibel nelle orecchie di tutti i -fieri- possessori di audioguida. Sulle prime la novità viene accolta da uno spasmo collettivo. Un disorientamento molto simile a quello provocato dalla pressione del tasto sbagliato sul telecomando di un televisore. Poi per fortuna il Simpson continua a indurre la sua accompagnatrice al suicidio e tutti cercano con lo sguardo la fonte di un simile sproloquio. La trovano. Lui se ne accorge. Inizia a indietreggiare verso lo 'stuuudio' e l'aspirante suicida accarezza finalmente l'ipotesi di usare i Brillo contro di lui. Gli audioguida-muniti gli lanciano occhiate di disapprovazione. Il Simpson cerca di andare contro le leggi della fisica accostandosi progressivamente al muro come volesse oltrepassarlo.
Io e lei ci allontaniamo verso la sala tre.
"Questa nuance è abbagliante".
"Grazie. Chilometri di strisce di prova.
La prossima volta mandiamo in onda l'appello di De Gaulle alla Nazione?"
"Sicuro. Quanto dura?"




[L'otto dicembre è scomparso Karlheinz Stockhausen. Grazie al suo genio esiste musica che rende il mondo un posto migliore e un pensiero obliquo in più sulle cose. Tantissimi gli sono debitori e -fra i tanti- nel mio piccolo, anche io. Questo racconto cerca di essere un omaggio a chi ha reso dignità al concetto di 'suono'. A qualsiasi 'suono'. Ricordando sempre il rispetto quasi mistico che gli è dovuto.
"Non avere paura di niente, perché niente ha paura di te" (Karlheinz Stockhausen)]

6 comments:

KoalaDellArcobaleno said...

..ma come fai?:)
sembra quasi.. una magia.

Giulia

Intweetion said...

"Non c'è trucco e non c'è inganno!"
...oddio, qualche 'trucchetto' c'è :)

KoalaDellArcobaleno said...

..del tipo?
sono curiosa:)

Intweetion said...

Eh, è come chiedere alla protagonista il segreto della sua nuance..
Non si dice :)

KoalaDellArcobaleno said...

..temi di perdere fascino?!:)
..quindi non sei disposto a soddisfare alcuna curiosità..

Intweetion said...

Il fascino è tutto della protagonista.
Quanto ai segreti del mestiere, è bene rimangano tali :)